NOTE CRITICHE
LA VENIEXIANA, la commedia di Venezia, è uno dei capolavori del teatro del Rinascimento. Datata verso il 1535, è l'opera di un anonimo veneto, certo un uomo di teatro che vive nel clima culturale che ha i due massimi centri in Venezia e Padova. Si tratta di una commedia 'a chiave', ricca di richiami precisi alle nobili famiglie veneziane delle due dame protagoniste. Attraverso la loro esperienza, l'autore indaga la passione d'amore con spregiudicato ardimento 'scientifico', ma proprio questa ricerca di verità lo porta a scoprire l'intensità religiosa della passione sensuale. LA REGIA ha seguito questo duplice filo: gli attori recitano in uno spazio centrale delimitato dal pubblico, e questo cerchio, mentre può alludere al segreto di una commedia che per il suo ardimento non poteva certo rappresentarsi pubblicamente, significa soprattutto una comunione di tipo religioso. D'altra parte la presenza del Prologo richiama la volontà sperimentatrice dell'autore, il suo ammonimento ad apprendere la lezione d'Amore "co' l'intellecto e non col senso".
LA VENIEXIANA: LA COMMEDIA DI VENEZIA
L'Anonimo della Veniexiana non e' un poeta di una classe sociale ben definita (si pensi invece a Goldoni) ne' nel suo atteggiamento, ne' nella scelta del contenuto. Come atteggiamento fa pensare piuttosto ad un autore che vive in una cerchia aristocraticamente appartata, sufficientemente ricca e lontana dagli incarichi ufficiali per consentirsi un piu' libero sperimentare. Il contenuto e' l'amore, come un valore in se', un fenomeno che viene indagato "su specie humanitatis" piuttosto che in un ambiente specifico; come una malattia, se si puo' dir cosi', che in condizioni normali abbia lo stesso decorso per ogni uomo, indipendentemente dalla classe cui appartiene. (...) Non sono i personaggi ad essere in primo piano, ma un loro affetto; e da cio' la presenza dell'autore; esplicita nel Prologo, sottointesa poi, come distacco scientifico, nello sviluppo dell'azione; e come limite estremo la Veniexiana puo' essere avvicinata a quel teatro in cui il "Deus ex machina" non sia piu' l'io epico, ma il principio stesso della scienza (Brecht). Ora mi sembra che in questo spirito scientifico, più che nella condizione sociale dell'autore o dei personaggi rappresentati stia il carattere borghese della Veniexiana. (...) Protagoniste di questa commedia sull'amore sono le donne dalle quali Julio viene gustato come un buon bocconcino. Ma non è una diminuzione artistica che sia solo questo, un po' sbiadito di fronte all'iniziativa femminile. Un amore sensuale sarebbe turbato dalla presenza di valori estranei, come l'intelligenza, la virtu', lo spirito; non ha nessuna giustificazione in se' stesso; e dinanzi a questo amore le due donne della Veniexiana hanno un atteggiamento religioso che non sopporta distrazioni: esse sono concentrate nel culto del loro amore fisico, di questi fioi che par anzoli di questa mana che no se cata cussi' per tuto; perche' ogni distrazione e' una colpa dinanzi alla gelosia degli dei.
Arnaldo Momo - "Angelus Novus" n. 5, Firenze 1965.
LA VENIEXIANA, COME UN PROFANO CANTICO DELLE CREATURE
Nella mia regia ho seguito il duplice filo scientifico ed erotico-religioso del testo. Gli attori recitano in uno spazio centrale delimitato dal pubblico. Questo spazio chiuso puo' anche rappresentare storicamente il segreto di una commedia che per il suo ardimento non poteva certo rappresentarsi pubblicamente. Ma il cerchio significa soprattutto una comunione di tipo religioso. L'amore e' rappresentato come un rito, da cui e' escluso ogni riferimento naturalistico; percio' assoluta liberta' di gesti, costumi, musiche. Ma nella Veniexiana c'e' l'altro elemento dominante: l'atteggiamento scientifico. Il rito percio' e' continuamente commentato dalla costante presenza del Prologo, che rappresenta la volontà sperimentatrice dell'autore e il principio stesso della scienza: E guardative che, imparando Amore, lo pigliate co' l'intellecto e non col senso, pero' che de scienzia deventerebbe doglia.
Arnaldo Momo - Note di regia - "Ricerca 1", ETI - Firenze, 1972.
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